Gli adolescenti avranno bisogno di tutta la loro voglia di vivere, di tutta l’energia del loro desiderio in divenire, per affrontare la morte dell’infanzia” (Françoise Dolto)

Parlare di adolescenza vuol dire innanzitutto partire dalle “rotture”, dalle crisi, che costellano la crescita di ogni essere umano, fra cui: 

  • il distacco dall’infanzia, 
  • l’assunzione di un corpo in trasformazione (trasformazione quasi mai priva di effetti perturbanti), 
  • la caduta delle rappresentazioni idealizzate dell’infanzia e la conseguente identificazione con nuovi modelli ideali, 
  • I tentativi – discontinui e contraddittori – di separarsi dall’ambito protettivo del nucleo familiare, 
  • La spinta a realizzare nuovi legami con i pari (cosa spesso difficile, come testimoniano le frequentissime storie di bullismo)

È il tempo in cui iniziano a farsi spazio le questioni fondanti per ogni essere umano:  questioni sull’identità, sull’amore, sul desiderio – proprio e dell’Altro…  a tali questioni l’adolescente sente di dover provare a dare una risposta.

Confrontato con questi cambiamenti repentini, e con le incertezze che ne derivano, l’adolescente, per difendersi, spesso si attiva in modo anche violento, o si rinchiude in se stesso, in una parola adotta comportamenti che possono essere incomprensibili, quando non allarmanti, per l’adulto.

Il “corpo a corpo” dell’adolescenza

Molti dei sintomi tipici dell’adolescenza sono effetto della mancanza, per l’essere parlante, di quello che per gli animali è  un sapere istintuale, iscritto nell’organismo, che dica al corpo “come fare” con il corpo dell’altro, dell’altro sesso, oltre che con il proprio corpo sessuato, spesso percepito come altrettanto estraneo.

La pubertà è un momento critico, è i momento delle trasformazioni, e porta clamorosamente in primo piano il corpo, un corpo nuovo, da assumersi, da riconoscere, da iscrivere nella propria storia. 

Talvolta, lo sviluppo sessuale irrompe nella vita del bambino o della bambina come qualcosa che arriva “troppo presto”, generando vari effetti sintomatici: dalla produzione di una sorta di orrore per il proprio corpo, a tentativi di arrestarne la trasformazione (pensiamo a  certi disturbi alimentari precoci, che di fatto realizzano una negazione degli attributi femminili secondari, e del ciclo mestruale…); o ancora, dall’operazione di “tagli” che gli/le adolescenti (cutter) incidono sulla pelle (messaggio di una separazione dall’Altro dell’infanzia vissuta come impossibile), a veri e propri passaggi all’atto in cui la vita stessa è messa in pericolo. 

Insomma, è sul Reale del corpo che si giocano le principali questioni del soggetto adolescente, che confrontato con tutte queste incertezze, con questi  enigmi, per difendersi  spesso si muove, si agita, si lancia verso il “tutto” degli oggetti di consumo, dell’agire, del fare e del ‘farsi’ — di droghe che servono a tappare il buco dell’angoscia— e il “subito”, l’immediato. 

Spesso l’adolescente si isola, rifiutando decisamente quello che viene dall’Altro, dai consigli “di buon senso”, che – anzi !- possono riattivare il surplus pulsionale che lo abita (“un’eccedenza di sessualità”, dice Freud nella lettera 46 a Fliess), e far sì che, dall’oggi al domani, lo stesso adolescente – fino a poco prima tranquillo – sembri improvvisamente “un’altra persona”: insulti, gesti violenti, fughe, rabbia incontrollata… Reazioni che spaventano l’adulto, ma che – a ben vedere – potrebbero pure essere considerate modalità di risposta soggettiva meno mortifere di altri sintomi (ritiro, abulia, rinuncia… quelle “passioni tristi” citate da Benasayag), assai più diffusi nell’adolescenza oggi.

Luis Izcovich, (in un recente seminario tenuto per il Forum Lacaniano FLaI) ricorda che il soggetto adolescente è spesso più in rapporto con quelle che Lacan chiama “le passioni dell’essere” (amore, odio e ignoranza), piuttosto che con il proprio desiderio singolare. Il suo Immaginario “in transizione”, perturbato e perturbante,  fa così ostacolo al registro del Simbolico.

Quello che manca, che sempre si fa mancare nell’esperienza dell’adolescente, è la scansione del tempo: passa, per usare i riferimenti lacaniani sul tempo logico, dall’istante del vedere al momento di concludere, senza poter disporre di un tempo sospeso, un tempo privo di azione, ma che possa essere culla di un pensiero, di una parola… un tempo solo apparentemente vuoto, ma necessario per comprendere, per riorganizzare le contingenze del passato, per consentire il processo di separazione e di assunzione di ciò che ha fatto trauma nella propria storia. 

La sfida della psicoanalisi è dunque quella di salvaguardare il suo punto di mira etico, il desiderio soggettivo, tenendo conto del momento di vacillazione delle identificazioni, e dunque dell’identità, del soggetto adolescente.