Quando parliamo di dipendenze patologiche, il pensiero va immediatamente al mondo delle tossicodipendenze, del consumo e dell’abuso di sostanze. Ma le dipendenze, nella loro espressione fenomenologica, cambiano anche con il cambiare della società.

Proviamo dunque a fare un breve excursus su alcuni aspetti delle dipendenze patologiche.

Le addiction, fra vecchie e nuove sostanze d’abuso

Per quanto riguarda le dipendenze da sostanze, legate cioè all’assunzione reiterata di sostanze psicoattive e/o di farmaci, assistiamo al crescere – a fianco alle “vecchie” droghe (eroina, cocaina, crack, cannabis, alcool…) di ulteriori sostanze di abuso: MDMA, ketamina, ma anche sempre nuovi (e perciò difficilmente tracciabili dai test tossicologici più comuni) prodotti di sintesi, estremamente nocivi, di cui si ignorano fra l’altro gli effetti a lungo termine. Anche i luoghi per procurarsi tali sostanze sono cambiati: alla piazza, si affianca la Rete, perché spesso certe sostanze si acquistano in tramite Internet, nel cosiddetto “Deep-Web”. … Anche le cosiddette droghe “leggere”  (hashish, derivati della cannabis…) oggi subiscono da parte dei narcotrafficanti dei trattamenti durante la loro coltivazione, che ne potenziano molto gli effetti  psicotropi, quando non vengono “arricchite” con cocaina o altre sostanze tossiche (es.: metalli).

Le dipendenze patologiche comportamentali

Esistono poi quelle che il nuovo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) definisce “dipendenze patologiche comportamentali”: fra queste, la dipendenza da gioco d’azzardo (GAP), sempre più diffusa, e che si affianca al mondo delle cosiddette cyber-dipendenze: da videogames, da social-network, da pornografia… il fenomeno, un tempo limitato al Giappone, del disturbo hikikomori, un ritiro relazionale e fisico quasi assoluto di molti ragazzi, “catturati” notte e giorno dal loro mondo virtuale, fermi davanti a uno schermo, è ormai dilagante anche in Europa. Le recenti restrizioni sociali causate dalla pandemia da COVID-19 – con conseguente aumento dell’utilizzo delle piattaforme internet – hanno accelerato un processo già in corso, con conseguenze gravi, specie per i più giovani.

Alcune  caratteristiche che accomunano le Dipendenze Comportamentali al Disturbo da Dipendenza da Sostanze sono: 

  • il ruolo della dipendenza patologica nel modulare il tono dell’umore, 
  • i fenomeni di astinenza e tolleranza, 
  • la presenza di recidive, 
  • la difficoltà a sospendere il comportamento di abuso, nonostante la compromissione del funzionamento individuale.

I disturbi del comportamento alimentare

I disturbi del comportamento alimentare (DCA), sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto – ma non esclusivamente – il sesso femminile.

I disturbi dell’alimentazione più conosciuti sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il binge eating disorder.

L’anoressia nervosa è il più noto tra i disturbi del comportamento alimentare e si caratterizzata per una progressiva perdita di peso che può arrivare fino gradi estremi di magrezza, magrezza che può causare scompensi di natura medico-internistica assai gravi, potenzialmente mortali. Il dimagramento è principalmente causato da una dieta sempre più povera, con netta riduzione della quantità di calorie ingerite ad ogni pasto ed eccessivo aumento dell’esercizio fisico.

Altri tratti frequenti in questo tipo di disturbo sono:

  • Perfezionismo
  • Ansia di controllo
  • alterato rapporto con il proprio corpo e con la sua immagine (dismorfofobia)

La bulimia nervosa si caratterizza per la presenza di abbuffate (condotte che avvengono in un arco di tempo relativamente breve, durante il quale una persona perde il controllo nel mangiare e ingerisce grandi quantità di cibo) seguite da condotte di eliminazione del cibo, attraverso il vomito auto-provocato o l’assunzione di lassativi. 

Il soggetto bulimico, spesso, appare normopeso: per questo motivo, la bulimia – sintomo purtroppo molto diffuso, specie nella popolazione giovanile – è un disturbo estremamente subdolo, in quanto meno appariscente rispetto all’anoressia nervosa; può essere tenuto nascosto dal soggetto, e non compreso dalle persone vicine, per lunghi periodi. Ciò costituisce un grave rischio, perché la bulimia è molto dannosa anche sul piano fisico, per le conseguenze che comporta a livello di diversi organi: cuore, reni, denti, cavo orale, apparato digerente…

E’ possibile osservare anoressia (fase di restrizione) e bulimia (fase di abbuffata ed eliminazione) nello stesso soggetto e in periodi differenti.

Il binge-eating disorder (BED), in italiano conosciuto come disturbo da alimentazione incontrollata, è stato recentemente inserito fra i disturbi del comportamento alimentare. Come per la bulimia nervosa, il BED si caratterizza per la presenza di abbuffate, che però non sono seguite da comportamenti di eliminazione (come ad es. il vomito). Il BED perciò determina, di norma, un notevole aumento di peso, con conseguente frequente obesità grave e complicazioni medico-internistiche importanti.

Psicoanalisi e dipendenze

Ma perché, e in che misura i disturbi del comportamento alimentare sono considerabili all’interno delle dipendenze comportamentali?

La prima intuizione del posto clinico occupato dalle dipendenze la ebbe Freud quando, parlando appunto del disagio della civiltà, fece l’esempio della droga (morfina) come una soluzione alternativa alla costruzione del sintomo nevrotico. Non è un rifiuto totale dell’Altro della mediazione simbolica, come nella psicosi, ma solo per quanto riguarda le soddisfazioni più legate al corpo e quindi alla responsabilità di farne l’oggetto del desiderio sessuale.” (C. Viganò)

Riteniamo che il meccanismo psicodinamico alla base di un DCA, sia quello di un soggetto che fa di un oggetto (in questo caso il cibo, da rifiutare, centellinare, vomitare, ingurgitare…) il proprio riferimento relazionale, affettivo, pulsionale, e dunque il proprio ambito di controllo o discontrollo; così facendo, il soggetto si difende dall’imprevedibilità strutturale della relazione con l’Altro.
Per poter stabilire un legame sociale soddisfacente con l’Altro, il soggetto deve attraversare un lavoro di soggettivazione: è quello che Freud definisce “lavoro del lutto”, alla base del passaggio dal narcisismo alla relazione d’oggetto. Se tale lavoro non si compie, il soggetto dovrà “rendere oggetto” qualcosa che preleva dalla propria sfera, ovvero l’immagine (pensiamo, ad esempio, al ruolo preponderante che il registro immaginario ha nella clinica dell’anoressia, quando il corpo non è mai abbastanza magro…). Il cibo, la sostanza, la Rete… sono tutti oggetti del mercato, che vengono usati per rendere illusoriamente l’immagine di sé (che sia magra, onnipotente, vincitrice, o persa in un gioco di ruolo..) equivalente ad un oggetto reale. Il soggetto si trova in una condizione assimilabile ad una forma di inibizione, per cui, non arrivando ad autorizzarsi a farsi – nella propria carne – luogo di un desiderio che lo renda ‘corpo proprio’, dunque soggettivato, realizza un cortocircuito di godimento sull’oggetto (cibo, sostanza, gambling…) che dà, comunque, un rimando sul piano immaginario, e con esso un’illusione di controllo.

Questo ci fa dire che ogni genere di dipendenza patologica non ha la struttura del sintomo (cioè ciò che sorge a partire dalla costruzione del soggetto, attraverso la castrazione simbolica), ma costituisce piuttosto un suo blocco: l’oggetto droga o l’oggetto “niente” dell’anoressia, “sono una soluzione prêt-à-porter che sta al posto del fantasma inconscio e organizza il godimento. E’ una forma di nominazione attraverso l’identificazione ad un comportamento, che viene a riempire il vuoto fantasmatico” (ibidem). Questo implica che la cura dello psicoanalista preveda un primo tempo, ovvero un lavoro preliminare di  accompagnamento alla soggettivazione del sintomo, fino a farne, quando è possibile,  un vero sintomo trattabile in analisi.

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